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 Riuscirà mai l'umanità a liberarsi di Pac-Man?
Sarebbe potuta essere una moda passeggera, ma a distanza di 28 anni dalla sua prima apparizione il pallino giallo resta sulla cresta dell'onda.
Puck-man nasceva in Giappone il 10 ottobre 1979, facendo la sua comparsa sulle console da bar. Bastava uno Z80 da 3 MHz, con una risoluzione da 224x288 pixel, per mandare in orbita i videogamers abituati a Space Invaders e simili. In patria l'accoglienza non fu particolarmente calorosa: ma poi Puck-man attraversò l'oceano, diventò Pac-Man (per evitare pericolose assonanze linguistiche) e fu l'inizio della sua fortuna.
 In breve, il pallino mangiafantasmi sbarcò su quasi qualsiasi piattaforma, diventando un vero e proprio fenomeno di costume.
Giochi da tavola, dischi musicali, flipper, magliette, persino toilette: Pac-Man era ovunque, e la sua fama continua ancora oggi, come una tradizione che passa da padre in figlio. Sì perché, se i primi giocatori l'hanno provato sul Atari 2600 o su un tradizionale cassone da bar, oggi i più giovani hanno riscoperto Pac-Man sul cellulare o sulla Xbox. Oppure sul loro iPod, con tanto di cover personalizzata per il music-player di Apple.
Cosa ci si sia di così appassionante in Pac-Man, nessuno lo ha mai capito: un labirinto, un pallino giallo, qualche pillola, quattro fantasmi.
 Lo scopo è scappare da questi ultimi e mangiarsi tutte le pillole, salvo mangiarsi pure i fantasmi quando la situazione lo consenta.
Eppure c'è gente che il labirinto se lo è fatto tatuare addosso (vedere foto a lato), c'è chi a Pac-Man ci gioca dal vivo grazie alla realtà virtuale, e chi lo utilizza per gli esperimenti scientifici. C'è persino il mondiale di categoria.
In un certo senso, Pac-Man è anche un po' la dimostrazione che i videogame non sono pericolosi e non fanno male. Quel che è certo è che, ancora oggi, con Pac-Man è amore al primo morso.

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